Ecco la FSF Latin America!

Posted by Marco Frattola on April 23, 2005
fsf / fsfe / Comments Off

Riportiamo di seguito la “Dichiarazione d’Intenti” del team che abbiamo tradotto in italiano (e che è passata nelle varie liste web@ di fsfeurope, dal comunicato originale di Fernanda Giroleti Weiden).

Versione originale: in portoghese, spagnolo e inglese.

Il sito ufficiale dell’organizzazione è http://www.fsfla.org.

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Dichiarazione d’intenti – Free Software Foundation Latin America

Qualche mese fà, un gruppo di persone si riunì con l’intenzione di pianificare la struttura e definire gli obiettivi della futura Free Software Foundation Latin America (FSFLA, FSF America Latina), un’organizzazione concepita per diventare consociata della Free Software Foundation degli Stati Uniti (FSF), della Free Software Foundation Europe (FSFE) e di Free Software Foundation India (FSFI).

Abbiamo cominciato a discuterne nel novembre 2004, alla luce del fatto che la crescente popolarità del Software Libero e il suo sempre più diffuso utilizzo stavano incrementando il bisogno di una rete di FSF operanti in maniera coordinata, che sostenessero e rafforzassero la filosofia, una piattaforma legale e gli ideali del Software Libero, in sintonia con la definizione della FSF (http://www.gnu.org/philosophy/free-sw.html).

Free Software Foundation Latino America diventerà un altro attore in questo ruolo di rafforzamento della rete internazione di FSF.

Il principale obiettivo di Free Software Foundation Latino America sarà di operare insieme alle altre FSF per la promozione e la difesa del Software Libero, oltre a coadiuvare e influenzare le politiche che interessano, hanno effetto su o sono condizionate dal Software Libero.

Stiamo conducendo il nostro dibattito insieme ad entrambi i presidenti di FSF e FSFE, Richard M. Stallman and Georg Greve, in modo da mantenere FSFLA in stretto contatto con i propri pari fin dal principio.

Essere un’organizzazione consociata significa mettere in pratica gli stessi valori e la stessa filosofia, così come condividere gli obiettivi.
Il lavoro in stretto coordinamento con le nostre consociate è un’ingrediente chiave per evitare divisioni all’interno del nostro movimento.

Fino ad ora, il nucleo del nostro team è formato da:

  • Beatriz Busaniche <bea @vialibre.org.ar>
  • Enrique Chaparro <echaparro @uolsinectis.com.ar>
  • Federico Heinz <fheinz @vialibre.org.ar>
  • Fernanda G Weiden <fernanda @softwarelivre.org>
  • JuanJo Ciarlante <jjo @mendoza.gov.ar>
  • Mario Bonilla <miope @miope.org>

Stiamo procedendo lentamente ma con costanza, per rafforzare la nostra rete di collaboratori, con la convinzione che dovremo porre particolare attenzione alla maturità, all’integrità e alla solidità del nostro gruppo.

A questo punto, stiamo disegnando quelli che saranno gli scopi specifici dell’organizzazione, così come pure le fondamenta politiche della sua struttura, che certamente ricalcherà le linee guida delle nostre consociate.

Se desiderate contattarci, per cortesia fatelo via e-mail all’indirizzo <info @fsfla.org>.

Se desiderate essere informati sui progressi della realizzazione dell’organizzazione, potete farlo attraverso la mailing list fsfla-anuncio @fsfeurope.org .



 
 

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OGM: lo scandalo “bt10″ di Syngenta

Posted by Marco Frattola on April 19, 2005
ambiente / No Comments

La multa [1] è arrivata dopo che la Syngenta ha ammesso [2] che 150 kilometri quadrati di terreno sono stati accidentalmente seminati – tra il 2001 e il 2004 – con sementi di Bt10 (al posto di Bt11 [3]), una varietà il cui utilizzo non era autorizzato in produzione. [6]

Queste sementi, come se non bastasse, hanno varcato l’oceano e sono arrivate nell’UE, mostrando quanto siano deficitarie (per non dire assenti) le misure che consentano la tracciabilità degli OGM all’interno dell’Unione [5]. La Commissione UE per l’Ambiente è stata informata il 22 marzo 2005, dell’erronea distribuzione di Bt10; in seguito essa ha chiesto informazioni dettagliate all’autorità americane e al produttore Syngenta in merito a tale varietà di ogm.

Il produttore assicura che tale errore non ha ripercussioni sulla salute di eventuali consumatori di tale mais (le cui coltivazioni riconosciute negli Stati Uniti verranno comunque bruciate), resta il fatto che l’azienda non ha fornito [7] in tempi brevi all’UE un’adeguata documentazione né un efficace metodo di analisi per identificare il Bt10, oltre naturalmente alla lista dei Paesi nei quali questo mais è stato esportato.

Ma ecco il particolare più inquietante [8]:

Le centinaia di tonnellate di mais geneticamente modificato accidentalmente prodotto dalla Syngenta senza autorizzazione, contengono un gene che le conferisce la resistenza agli antibiotici.
Lo rivela un articolo apparso sulla rivista scientifica Nature di oggi. Contrariamente a quanto avevano assicurato in prima battuta i responsabili della multinazionale elvetica e quelli delle autorita’ sanitarie Usa, il mais prodotto accidentalmente, il Bt10, non sarebbe quindi del tutto identico a quello che invece aveva ricevuto l’autorizzazione, il Bt11.

Nel primo mais infatti i bioingegneri della Syngenta avrebbero introdotto una modifica determinante e considerata a rischio sia per la salute umana che per l’ambiente e cioe’ un gene (assente nel Bt11) che conferisce al mais la capacita’ di resistere alla ampicillina, un antibiotico molto diffuso.

La portavoce della Syngenta, Sarah Bull, ha pero’ assicurato che il gene si disattiva una volta che la pianta nata da sementi Ogm arriva a maturazione e produce a sua volta semi.

La pratica di utilizzare geni resistenti agli antibiotici e’ molto diffusa sprattutto nel momento in cui si devono sviluppare diverse varieta’ di piante Ogm.

Ma la mutazione deve essere rimossa prima che il prodotto geneticamente modificato abbia la possibilita’ di entrare nella catena alimentare.

La presenza di questo gene era gia’ nota anche al governo britannico.

[...]

Un dossier (costantemente aggiornato) sulla vicenda: Syngentas unaproved GM maize variety “bt10″ distributed world wide since 2001

Nel frattempo – il 15 aprile 2005 – la Commissione Europea ha approvato [9] una misura d’emergenza nella quale si specifica che le consegne di mais e granaglie dagli USA possono essere accettate solo se accompagnate da documentazione analitica, prodotta da un laboratorio accreditato, che attesti mediante un metodo verificabile, che il prodotto non contenga Bt10.

Riferimenti

Grazie ad Andrea Baroni per la segnalazione iniziale.



 
 

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Esci dalla preistoria ed abbandona i dinosauri.

Posted by Valerio Ravaglia on April 19, 2005
AttivAzione, software libero / No Comments

Microsoft Italia® ha da qualche tempo avviato una nuova, martellante, campagna pubblicitaria dedicata alla nuova versione di Office, denominata 2003. Adesso non ci chiedono più “dove vogliamo andare”, ce lo indicano direttamente loro: dobbiamo uscire dalla preistoria. Qualche considerazione tra il serio e il faceto.

Negli spot (dategli un’ occhiata, è uno spasso!) si dice testualmente:

“Esci dalla preistoria! Il lavoro si è evoluto. La tecnologia si è evoluta. Microsoft Office si è evoluto. E tu?”

Ed io ho fatto un esperimento:

Un amico mi ha gentilmente concesso l’ uso del suo personal computer dotato di una versione di Microsoft® Windows® 2000, release qualchecosa, service pack qualcosa e dotato di una versione di Microsoft Word® versione 9.0.3821 SR-1

Ho creato un simpatico file contenente semplicemente 2 parole e più precisamente: “Ciao mondo” il file è stato poi salvato con il nome “mondo.doc”.

Lo stesso amico, che stà seriamente prendendo in considerazione di abbandonare i dinosauri, ha infatti installato sul pc anche OpenOffice.Org e più precisamente la versione 1.1.3.
Eseguo quindi la stessa operazione con l’ elaboratore testi di OpenOffice creando lo stesso identico file contentente le stesse identiche due parole ed i risultati sono questi:

File di word = 19.456 bytes
File di openoffice = 5.248 bytes

Il file di Openoffice risulta quasi quattro volte più piccolo!

Le parole “Ciao mondo” valgono 10 byte, cosa diavolo ci sarà nelle altre migliaia di bytes di entrambe le versioni? “I formati!” direte voi, ed è vero, ma tra i due file c’è un’ importante differenza: in quello di OpenOffice potete vedere l’ _intero contenuto_ in chiaro[1], in quello di Word quasi l’ intero contenuto del file è criptato in uno dei tanti formati segreti di Microsoft e quindi illeggibile.

All’ interno del documento di word, nella piccola parte scritta in chiaro, ad ogni modo, ci troviamo delle cose interessanti tipo il nome dell’ utente (quello di Windows) che ha creato il documento e il nome della postazione di lavoro. A voi immaginare cosa possa esserci nella parte criptata, immagino che non sia difficile trovarci il numero di licenza del software.

Insomma è un po come accingersi a scrivere una lettera tradizionale ed accorgersi che il vostro fornitore di carta, vi ha venduto dei fogli dove tramite uno speciale inchiostro simpatico, è stato scritto il vostro codice fiscale. Simpatico no?

Qualcuno potrebbe obiettare che trattasi appunto di versioni vecchie di Word e che le nuove, a suon di euro da sborsare, avranno nuove ed incredibili “feauteres” ed effetti speciali.
Voi ci credete o non sarebbe forse meglio seguire il saggio consiglio che ci arriva da Microsoft Italia®: Uscite dalla preistoria ed abbandonate i dinosauri!

Io mi sono occupato del TREX-elaboratore-testi™ se qualcuno vuole fare prove analoghe col Brontosauro-foglio-di-calcolo™, saremo curiosi di vederne i risultati, e sopratutto cosa succede nella nuova versione, grazie ;-)

[1] Gli archivi di OpenOffice vengono memorizzati in formato XML compresso; per vederne i contenuti dovete “scompattare” i file con un apposito software. Per farlo all’ interno di Windows vi consiglio il fantastico: 7-zip, libero e gratuito e vi renderete conto di come per i file di OpenOffice i contenuti siano aperti, accessibili nonchè convertibili, lasciandovi la più ampia libertà di decisione su cosa ne volete fare dei vostri dati e, viceversa, di quanto siate irrimediabilmente nelle mani dei formati chiusi di Microsoft per i vostri documenti creati con Word.



 
 

[FFII] Il tempo stringe…

Posted by Marco Frattola on April 17, 2005
comunicati, ffii / Comments Off

Dalla seduta del Parlamento Europeo del 14 aprile 2005, parte formalmente l’iter procedurale della seconda lettura per il Parlamento della direttiva sulla brevettabilità delle cosiddette invenzioni realizzate per mezzo di computer.

Il presidente ha ricevuto dal Consiglio Europeo la posizione comune; il Parlamento Europeo avrà tre mesi (a partire dal 15 aprile 2005) per esprimersi in merito.



 
 

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Brasile: solo software libero per “connettere” i PC.

Posted by Valerio Ravaglia on April 14, 2005
software libero / No Comments

Come molti di voi sapranno, nei mesi scorsi il governo presieduto da Luis Ignacio Lula da Silva, ha varato un piano di aiuti per le persone con meno facoltà economiche per l’ acquisto di Personal Computer e relativa connessione ad Internet. Secondo i dati più recenti infatti, in Brasile, la popolazione che dispone di un Personal Computer connesso ad Internet non raggiungerebbe il 10%, mentre su base annuale, gli elaboratori venduti non raggiungono il milione di unità.

Con un impegno di circa 70 milioni di euro in agevolazioni fiscali per le case produttrici di PC nazionali, il Governo brasiliano vuole arrivare a mettere a disposizione delle macchine equipaggiate di processore AMD da 2,2 Ghz, 128 MB di RAM, HD 30Gb, CD-ROM e monitor 15″ al costo di 1.400 reais, l’ equivalente di circa 400 euro. Con l’ aggiunta della possibilità di rateizzare il pagamento con interessi molto bassi e con accordi stipulati con i principali provider del paese, per fornire la connessione ad Internet a prezzi vantaggiosi, l’ obiettivo del Governo è quello di raggiungere la distribuzione di 1 milione di calcolatori, in pratica, di raddoppiare la vendita dei personal computer nel paese, con una movimentazione del mercato informatico brasiliano per circa 400 milioni di euro.

Cifre di questa portata hanno ovviamente attratto l’ attenzione di Microsoft che, in alternativa alle soluzioni software inizialmente previste basate su piattaforme libere (come ad esempio una distribuzione brasiliana di GNU/Linux denominata “Kurumin” ), ha proposto l’ adozione di una versione ridotta nelle funzionalità di Windows XP, la “Starter Edition”[1] – [2] appositamente studiata per i paesi in via di sviluppo come Indonesia, Malaysia e Thailandia, dove viene commercializzata al prezzo di 36 dollari per postazione. Il coordinatore del programma “PC Conectado” Cezar Alvarez assieme ai suoi analisti, hanno tuttavia ritenuto la versione di Windows proposta estremamente limitata nelle funzionalità, in quanto mancante di importanti servizi presenti nella versione standard di Windows XP, come la possibilità di eseguire più di 3 applicazioni contemporaneamente o le funzioni di networking che in questa versione risultano artificiosamente limitate.

Il Governo Brasiliano, che come è noto, ha da tempo inziato un progetto per l’ adozione del software libero nella pubblica amministrazione[3] , oltre che programmi per l’ inclusione digitale rivolti alle persone e alle zone più povere del paese, si è trovato a dover dibattere a lungo l’ argomento tra le posizioni di chi sosteneva la soluzione Windows perchè più diffuso e conosciuto e per una sua presunta maggiore facilità di utilizzo e le posizioni di chi, invece, sostiene la necessità dell’ utilizzo esclusivo di software a codice aperto, ai fini della diffusione della conoscenza, della preparazione e della indipendenza informatica del paese.

In questo contesto si è improvvisamente inserita l’ autorevole voce del MIT Media Lab (Massachusetts Institute of Technology) [4] che, da quanto riportato dall’ agenzia Reuters in una lettera indirizzata direttamente al Presidente Lula, avrebbe fortemente caldeggiato la scelta del software libero. Nella missiva firmata dal Direttore del Media Lab Walter Bender, si legge “In contrapposizione all’ impiego di versioni limitate di costosi programmi proprietari, consigliamo l’ adozione di software libero di alta qualità.”, “Il software libero è di gran lunga migliore in termini di costi, potenza e qualità”. Nella comunicazione Vengono poi sottolineati i fattori sociali e culturali del codice aperto, che costituiscono uno degli aspetti più importanti e degli obiettivi della iniziativa stessa del Governo brasiliano: ”
“L’open source è utile non soltanto come esempio per la programmazione delle idee e la sua implementazione, ma anche per far crescere la comunità di sviluppatori in quanto strumento sociale accessibile per l’apprendimento e la pratica comune”, “”Se il codice sorgente è proprietario, risulta non accessibile alla maggioranza delle persone e finisce con il rubare alla popolazione un modo per imparare e per lavorare”.

E’ evidente che per il big di Redmon una tale presa di posizione, da parte di uno dei più importanti centri di ricerca ICT a livello mondiale, ha avuto l’ effetto di un calcio di rigore subito nei tempi supplementari. Infatti, successivamente alla presentazione ufficiale da parte di alcuni rappresentanti della multinazionale statunitense della versione ridotta di Windows, la questione della scelta del sistema operativo sembra essersi definitivamente chiusa.

Sérgio Amadeu da Silveira, che ha partecipato all’ incontro, ha dichiarato che la soluzione presentata da Microsoft è stata ulteriormente ritenuta insufficente e che: “Il PC Conectado proposto dal Governo verrà equipaggiato solo con software libero”.

Per l’ avvio definitivo del programma rimangono soltanto da definire nel dettaglio i termini finanziari dell’ operazione. La proposta iniziale prevedeva un prezzo massimo per la vendita di 1400 reais, al quale lo Stato Federale contribuisce con 200 reais per arrivare ad quindi ad un costo finale per i cittadini che corrisponde a circa 350 euro. Il pagamento dell’ importo potrà essere dilazionato in 24 rate alle quali verrà applicato un tasso di interesse oscillante tra un minimo dell’ 1,5% ad un massimo del 2% ma in ogni caso l’ importo della rata non dovrà superare i 50 reais mensili. Il governo stà ipotizzando di poter ulteriormente migliorare le condizioni di vendita del “PC Conectado” riccorrendo al “Fundo de Amparo ao Trabalhador (FAT)”.

Il Brasile, con i suoi 170 milioni di abitanti, rappresenta la principale economia del continente sudamericano e con le scelte effettuate negli ultimi anni non possiamo che concordare con il commento apparso sul New York Time: “Brasile: il più grande e migliore amico del software libero”.[5]

Fonti:

Software Livre – Brasil
Il MIT chiede Free Software per le famiglie brasiliane

La Rivoluzione digitale di Lula, ma è già scontro sul software
Brasile: il software è povero ma bello. E soprattutto libero
Lula, scegli l’open source: parola del Mit
Sistemi liberi, il Mit scrive a Lula

L’open source e le pubbliche amministrazioni

Note:

[1] Microsoft Windows XP Starter Edition Fact Sheet
[2]
Windows Xp Starter Edition: troppo povero per essere vero

[3] La scelta dell’ esecutivo brasiliano di dare preferenza alla soluzioni informatiche basate sul software libero è già stata in passato causa di forti tensioni tra l’ azienda americana e il Presidente dell’Istituto Nazionale di Tecnologia dell’ Informazione (ITI) del Brasile, Sérgio Amadeu da Silveira, che aveva definito come “una inaccettabile ingerenza da parte di una azienda privata nell’ amministrazione di un governo di uno stato libero e democraticamente eletto”, la scelta di Microsoft di distribuire pacchetti software gratuitamente nelle pubbliche amministrazioni e nelle scuole brasiliane, e più precisamente, come la prima dose di droga distribuita dagli spacciatori e per questo fu oggetto di denuncia per diffamazione da parte di Microsoft. La corporation, probabilmente a causa del forte sostegno ricevuto da Amadeu dallo stesso Governo Brasiliano nonché dalla comunità internazionale del software libero, ritirò in seguito la denuncia:

Microsoft cita Sergio Amadeu
Comunicato stampa di SERGIO AMADEU: “Il futuro è libero”
Vittoria! La Microsoft abbandona azione legale contro Amadeu

[4] MIT Media Lab: Il prestigioso laboratorio per gli strumenti di comunicazione del Massachusetts Institute of Technology (MIT) del Professor Nichola Negroponte

[5] Brazil: Free Software’s Biggest and Best Friend

By TODD BENSON (NYT)
ABSTRACT – Brazilian government of Pres Luiz Inacio Lula da Silva looks poised to take its free software campaign to masses; plans to roll out much ballyhooed progam by end of April called PC Conectado, or Connected PC, aimed at helping millions of low-income Brazilians buy their first computers; progam may end up offering computers with only free software, including operating system, handpicked by government instead of giving consumers option of paying more for, say, basic edition of Microsoft Windows



 
 

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[annozero] “Interessi sui brevetti del software”

Posted by Marco Frattola on April 12, 2005
AttivAzione, comunicati / No Comments

Interessi sui brevetti del software
14 marzo 2001
Bernard Lang
INRIA – AFUL – ISOC FRANCIA


Pubblicato nel forum del numero 84 della rivista Terminal, primavera 2001.
Testo originale.
Traduzione su annozero di Antonella Beccaria

Le invenzioni non possono, in natura, essere soggette a proprietà. La società può conferire un diritto esclusivo per i profitti provenienti da esse a titolo di incoraggiamento per quegli uomini che perseguono idee con cui produrre utilità, ma questo può o meno essere dato, in accordo con il volere e la convenienza sociale, senza pretese o rivendicazioni da parte di nessuno.

Thomas Jefferson, Lettera a Isaac McPherson, 1813

La legislazione sulla proprietà intellettuale, che comprende i brevetti, fu inizialmente una misura che accompagnava un’economia fondata sulla produzione dei beni materiali o sull’elaborazione di procedimenti altrettanto materiali. Il brevetto è un privilegio del monopolio sulla produzione di un bene o sull’operatività di un procedimento. Come tutti i monopoli, i brevetti presentano inconvenienti economici, conosciuti fin dalla loro origine. Le sovvenzioni erano e dovevano restare motivate dalla volontà di incoraggiare lo sviluppo tecnologico. Tuttavia, ci si può domandare se l’estensione della brevettazione a tutti i settori, compresi quelli immateriali, dell’economia contemporanea molto differente giustifichi ancora i criteri tradizioni e soprattutto se non presenti inconvenienti, sotto forma di nuovi pericoli.

Il contesto

Nel contesto della mondializzazione dei mercati, gli attori economici ricercano in modo molto naturale una uniformazione delle regole generali e nello specifico quelle fondate sulla proprietà intellettuale. Nel caso del brevetto, questa uniformazione comporta due dimensioni:

  • una dimensione geografica, che tende all’unificazione di zone via via più larghe attraverso regolamenti e meccanismi di attribuzione dei brevetti, inquadrati abbastanza correttamente, a livello mondiale, attraverso gli accordi ADPIC;
  • una dimensione di settore, che tende a definire regole uniche applicabili a tutti i settori tecnologici volgendo, in modo simultaneo e furtivo, all’estensione senza reali limiti dei campi presi in considerazone, in particolare quelli tecnologici immateriali che includono nello specifico programmi per elaboratore.

In modo furtivo perché, benché rivesta un interesse maggiore per la nuova economia fondata essenzialmente sulle risorse immateriali, la brevettazione dell’immateriale è stata trattata come un aspetto minore del problema a livello europeo e rimane nell’ambito del non detto a livello mondiale (accordi ADPIC o TRIPS [1]), trasformandolo nell’oggetto di una lotta quasi sotterranea [2]. Ora sono necessarie alcune constatazioni:

  • la brevettazione delle risorse immateriali tende a rientrare nell’ambito della brevettazione di un sapere che era tradizionalmente considerato non brevettabile, come gli algoritmi matematici o i metodi intellettivi. Le implicazioni tecniche, etiche, sociologiche o semplicemente pratiche non sono necessariamente evidenti;
  • l’apparizione del brevetto è legata all’emergenza dell’industria materiale, in risposta alle sue crisi economiche. L’economia dell’immateriale funziona su evidenti regole quantitativamente e soprattutto qualitativamente differenti. È dunque naturale aspettarsi un trattamento differente e appropriato per i beni immateriali;
  • nel mondo futuro, in cui l’insieme degli atti di ognuno e l’insieme dei meccanismi sociali implicheranno una gestione o un controllo informatico, la brevettazione del software implica la possibilità di un controllo privato senza precedenti sui processi che possono riflettersi su diritti fondamentali: libertà d’espressione e di comunicazione oppure diritto all’educazione, per esempio.

A dispetto di una sensibilizzazione del pubblico e dunque del mondo politico rispetto a questi interessi, le pratiche si sono potute evolvere nel corso degli ultimi 25 anni verso una brevettazione via via maggiore del software, già protetto dal diritto d’autore [3], principalmente sotto la pressione dei principali gruppi industriali e dei professionisti della proprietà industriale. Questa evoluzione si è inizialmente manifestata negli Stati Uniti, favorita da una giurisprudenza sempre più condiscendente, senza che esistesse alcuna disposizione legislativa o un’analisi degli effetti economici. Si è diffusa poi al Giappone e in seguito all’Ufficio Europeo dei Brevetti [European Patente Office, ndt] il cui testo fondante – il trattato di Monaco [4] – è stato, a causa delle stesse pressioni, interpretato in modo sempre più lassista in favore della brevettazione dell’immateriale.

Nel mezzo di questo lassismo nell’interpretazione dei testi, è implicito un punto di rottura che porta con sé soprattutto una reale confusione in merito alle regole del gioco. Durante l’estate 2000 fu proposto un emendamento del trattato – l’Articolo 52 – che ratificasse questa evoluzione. Ma altri attori nel frattempo hanno preso coscienza di questi pericoli: scienziati e informatici, giuristi e dirigente delle PMI. Si opposero pubblicamente a questo emendamento [18] che fu respinto dagli stati membri dell’EPO. Il dossier venne rimandato allo studio della commissione europea [5].



 
 

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Cittadini digitali – Intervista a Sérgio Amadeu

Posted by Valerio Ravaglia on April 08, 2005
AttivAzione, interviste / No Comments

Cittadini digitali   (versione PDF per la stampa)

di Ivana Traversim

Siamo sulla soglia di un’epoca dominata dal software, il cui futuro dipende delle decisioni prese adesso. È necessario impedire che vengano ampliate le disuguaglianze sociali, combattendo l’esclusione digitale, garantendo l’accesso alla tecnologia e aprendo, in questo modo, la strada per il pieno esercizio della cittadinanza.

Le grandi invenzioni non sono pacifiche. Esse invertono l’ordine mondiale, creano nuovi meccanismi di mercato e di produzione. Generano tutti i tipi di paure e diventano agenti di profondi cambiamenti culturali. Questo è successo, per esempio, con l’avvento della stampa e della televisione. Questa volta, tuttavia, il mondo affronta una rivoluzione più ampia e veloce. Nelle ultime due decadi, ogni cosa ha iniziato ad avere la sua forma binaria, digitale. Il computer è diventato un strumento vitale di comunicazione, dell’economia e del potere.

Ci sono più opportunità, ma anche più rischi. Le nuove tecnologie possono allargare il divario tra ricchi e poveri, tra paesi sviluppati e sottosviluppati, se i benefici della rivoluzione digitale non saranno raggiungibili alle persone di qualunque classe sociale. Dati dalle Nazioni Unite (ONU) mostrano che l’uso di Internet nel 2003 è limitato a 600 milioni di persone nel mondo, su un totale di più di 6 miliardi. Nel Brasile, i circa 15 milioni di utenti corrispondono all’ 8% della popolazione, cioè, il 2,5% della popolazione mondiale.

E’ in questo scenario che si sviluppa il movimento del software libero, che è, contrariamente a ciò che crede la maggior parte della gente, molto di più del semplice sviluppo di software a codice aperto. Con una filosofia basata sulla libertà di creare, innovare e condividere le idee, mette in scacco il vecchio ordine e propone un nuovo paradigma: la democrazia digitale.

La decisione del governo brasiliano, nel 2003, di dare preferenza all’uso del sistema operativo GNU/Linux e ai programmi non proprietari nell’ amministrazione pubblica, ha attratto l’ attenzione del mondo. Oltre al risparmio delle risorse del paese, l’uso di software libero diminuisce la sua dipendenza tecnologica e recupera i diritti del cittadino alla conoscenza digitale piena, senza le barriere di codici segreti.

Per parlare di questo argomento, EcoSpy ha invitato Sérgio Amadeu da Silveira, presidente dell’Istituto Nazionale di Tecnologia dell’ Informazione (ITI) del Brasile.AmadeuAmadeu è sociologo e fa parte del movimento del software libero. Tra il 2001 e il 2003, ha introdotto e coordinato il Governo Elettronico del comune di São Paulo. In questo periodo, ha ideato e messo in pratica il progetto di inclusione digitale della città realizzando i telecentri nelle aree più povere. Amadeu è insegnante all’ Università di Comunicazione Sociale Cásper Líbero di São Paulo [1] e autore dei libri “Exclusão Digital: a miséria na era da informação” (Esclusione digitale: la miseria nell’era dell’informazione) e “Software Livre: a luta pela liberdade do conhecimento” (Software libero: la lotta per la libertà di conoscenza), pubblicati dalla casa editrice Fundação Perseu Abramo e che, al momento, non risultano tradotti in italiano.

Intervista

EcoSpy: In cosa consiste questa rivoluzione digitale o dell’ informazione in corso?

Sérgio Amadeu da Silveira: Gli indicatori mostrano un grande progresso nell’economia mondiale riguardo l’ insieme delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’ informazione. Tutta la catena di produzione sta per essere trasformata da queste tecnologie digitali, che sono basate sull’intelligenza e sull’elaborazione di programmi intelligenti, perché aumentano la capacità delle persone di immagazzinare, elaborare e trasmettere le informazioni.[2]
Solo per dare un’idea, oggi una grande azienda non è in grado di portare avanti tutte le attività di cui necessita senza una grande rete di comunicazione, computers e server. E tutte queste macchine sono internamente governate dal software. Questo significa che le persone hanno iniziato a usare il software nella loro vita quotidiana spesso senza rendersene conto.
Così, quando dico che viviamo nella società dell’informazione, voglio dire che le informazioni sono l’elemento più importante. Il software è presente in tutte le attività produttive, commerciali ed industriali. È diventato l’elemento centrale delle relazioni tra le persone, le aziende, i governi e i settori culturali.



 
 

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WIPO Development Agenda

Posted by Marco Frattola on April 08, 2005
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Come già espresso nella “Lettera Aperta al WIPO”, la scarsa rappresentatività di tale organismo viene qui illustrata da EFF.

WIPO Development Agenda



 
 

[FSFE] I brevetti software minacciano gli standard finanziari internazionali

Posted by Valerio Ravaglia on April 08, 2005
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Egregio Sig. Provoost,

il Consiglio Europeo e la Commissione Europea spingono per l’introduzione dei brevetti software in Europa, con modalità che fanno temere per la solidità delle radici democratiche delle istituzioni europee.

La sua associazione, la European Information & Communications Technology Industry Association (EICTA), ha sostenuto fermamente questo orientamento in passato, sostenendo l’argomentazione che “dobbiamo poter proteggere le nostre innovazioni”.

Siamo pienamente d’accordo con questa necessità, ma se lei crede che i brevetti software aiutino a proteggere l’innovazione, forse non è bene informato. Conseguenza dei brevetti software non è la protezione dell’innovazione, ma il suo arresto, come sottolineato da Bill Gates nel 1991 in un documento interno alla Microsoft:

“Se la gente avesse capito come ottenere brevetti quando la maggior
parte delle idee di oggi sono state concepite e li avesse ottenuti,
oggi l’industria sarebbe completamente bloccata”

Questa posizione mostra che i brevetti sul software sono inevitabilmente dei monopoli sulle idee astratte.

Così, se Pitagora avesse scoperto il suo teorema al giorno d’oggi, in un regime di brevetti software, gli sarebbe sicuramente stato riconosciuto un monopolio legale su di esso, che lo avrebbe messo in grado di poter scegliere arbitrariamente le condizioni a cui gli altri possono usare la sua idea.

Il software di norma incorpora letteralmente migliaia di idee astratte: in un regime di brevetti software, ognuna di queste sarebbe monopolizzabile e costituirebbe un limite invalicabile per i
concorrenti. Ecco perché Bill Gates ha detto anche:

“Una nuova impresa che non detiene brevetti propri sarà obbligata a
pagare qualsiasi prezzo che i giganti del settore decideranno di
imporre. Questo prezzo potrebbe essere alto: le imprese presenti sul
mercato hanno tutto l’interesse ad escludere nuovi concorrenti”

In altre parole: i brevetti software sono uno strumento anti-concorrenziale, che rappresenta un peso per l’innovazione, un ostacolo la cui altezza può essere regolata a piacere per far inciampare
imprese già affermate, come la Philips, ma anche nuovi innovatori.

Nelle nostre precedenti lettere aperte abbiamo spiegato che i brevetti software hanno un costo in termini di posti di lavoro e di forza economica dell’Europa. Oggi vorremmo sottolineare come questi rappresentino una minaccia per gli standard internazionali di rendicontazione finanziaria (International Financial Reporting Standards, IFRS): tutte le idee su cui si basano questi standard vengono implementate sotto forma di software, quindi risulterebbero brevettabili. Gli effetti riguarderebbero tutte le imprese europee quotate in borsa, che dal 2002 sono soggette all’adozione degli IFRS.

Se controlla nel database dell’ufficio brevetti e marchi statunitense (USPTO), scoprirà che esistono già centinaia di brevetti su idee software che hanno a che fare con espressioni come “contabilità” o “rendiconto finanziario”. Uno di questi riguarda un sistema “per la pianificazione e
le decisioni finanziarie”
, ed è detenuto dalla American Express Financial Corporation (Amex), un’impresa che conosciamo bene per la sua attività nel campo delle carte di credito, meno per quella nel software innovativo.

Se in Europa venissero legalizzati i brevetti software, l’Amex potrebbe scegliere arbitrariamente quale azienda produttrice di software sarebbe autorizzata a implementare gli IFRS, o altri standard simili. Ovviamente stiamo ipotizzando che nessuno dei concorrenti di Amex abbia
interesse a bloccare questa strategia e usi un suo brevetto su un’altra idea per bloccare lo sviluppo.

Inoltre, visto che i sistemi informatici hanno molte componenti in comune, e visto che i metodi per rendere sicuro un sistema sono limitati, il software sviluppato in un regime di brevetti sarebbe tendenzialmente meno sicuro.

Gli europei spesso guardano agli Stati Uniti per avere consigli in campo economico; questa volta, l’Amministratore Delegato di Computer Associates, John Swainson, ha dato un messaggio molto chiaro: l’Europa farebbe bene a non introdurre i brevetti software.

Il diritto d’autore rappresenta un mezzo di tutela molto efficace per il software, ma per tutelare un’innovazione usando il diritto d’autore è necessario prima realizzarla, cosa che non avviene necessariamente per quanto riguarda i brevetti. Ecco perché speriamo che l’EICTA si opponga
all’introduzione dei brevetti software: “dobbiamo poter proteggere le nostre innovazioni”.

Cordiali Saluti

Georg Greve
Presidente
Free Software Foundation Europe



 
 

[FSFE] Come far rispettare a Microsoft le Autorità Europee

Posted by Valerio Ravaglia on April 04, 2005
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La Free Software Foundation Europe (FSFE) e il Samba Team hanno presentato una serie di condizioni che permetterebbero a Microsoft di rispettare la decisione della Corte Europea di Prima Istanza del dicembre 2004.

“Per scrivere software interoperabile, gli sviluppatori usano i cosiddetti file IDL (Interface Definition Language). Poiché al momento questi file vengono tenuti segreti da Microsoft, nessuno può scrivere software interoperabile. Per adempiere agli obblighi, Microsoft dovrebbe
renderli disponibili assieme ad una descrizione dei metodi di cifratura utilizzati, con una licenza che permetta di implementarli sotto forma di software libero. Questo è l’unico modo per essere sicuri che il Samba Team abbia una reale possibilità di competere e interoperare con
Microsoft”, spiega Georg Greve, presidente di FSFE. E continua: “Date le passate esperienze, raccomandiamo alla Commissione di fissare una data di consegna molto precisa per queste specifiche”.

Lo scorso dicembre, la Corte europea ha deciso che a Microsoft non dovesse essere concesso di espandere ulteriormente il suo monopolio negando ai concorrenti le informazioni necessarie per l’interoperabilità e ha richiesto che la decisione antitrust fosse messa in atto immediatamente.

“Microsoft non potrà più nascondersi a lungo dietro ad affermazioni vaghe come ‘ci adegueremo’”, precisa Carlo Piana, avvocato della FSFE, “È ora di vedere in che modo sono disposti ad adeguarsi. La nostra proposta è molto equilibrata e non comporta di svelare più informazione di quanta il Samba Team potrebbe ricavare dall’analisi del traffico di
rete generato dal software di Microsoft, impone solo di divulgare i protocolli di rete in modo tempestivo. Abbiamo chiesto alla Commissione di sottoporre la nostra proposta ad un esperto indipendente affidabile”.

Nella recente proposta di FSFE, lo sviluppatore Samba Jeremy Allison ha puntualizzato che “Le definizioni IDL sono semplicemente un modo per descrivere un’interfaccia; esse descrivono un protocollo”. Per sviluppare prodotti interoperabili è necessario avere accesso a queste
specifiche. “È come dover conoscere la grammatica e l’ortografia per scrivere in una lingua”, conclude Allison.

Per quanto riguarda la cifratura, Allison dice: “La cifratura del traffico in rete è una pratica ben stabilita e non è un’innovazione di Microsoft. Ma per poter interoperare con successo è necessario sapere quale tipo di cifratura viene usata, in quali circostanze e con che tipo
di chiavi”.

Riguardo agli indennizzi reclamati da Microsoft, l’Avv. Carlo Piana afferma: “Le informazioni che abbiamo richiesto non sono segrete perché sono preziose, sono preziose perché sono segrete. In più, siamo convinti che Microsoft sia stata già risarcita più volte grazie alla sua posizione di monopolio, come dimostrano i suoi straordinari profitti, resi possibili anche dal “lock-in” tecnologico causato dalla inseparabilità di client e server”.

L’unico indennizzo ragionevole che non impedirà di raggiungere lo scopo della decisione della Commissione Europea sarebbe un pagamento una tantum per ottenere copia della documentazione dei protocolli. Una cifra ragionevole potrebbe essere rappresentata dal prezzo pagato dagli sviluppatori per accedere al Microsoft Developers Network (MSDN), che
contiene informazioni simili.

Così come prevedono le regole di accesso al MSDN, sarebbe ragionevole far pagare gli sviluppatori per le versioni aggiornate e riviste dei documenti riguardanti i protocolli, tuttavia questi dovranno essere forniti in modalità completa e tempestiva, hanno enfatizzato FSFE e Samba Team.

“Il mondo del software libero ha ancora una volta mostrato come sia capace di fornire un lavoro di alta qualità anche in circostanze avverse”, riassume Georg Greve. “Con questa proposta della FSFE e del Samba Team, la Commissione Europea ha ora nelle mani tutto ciò che è necessario per far sì che la sua decisione sia effettivamente rispettata. Tuttavia, tenendo conto del modo in cui Microsoft ha finora combattuto per ‘obbedire’ alla decisione, raccomandiamo di tener d’occhio il suo comportamento in modo continuo”.

Che cos’è la Free Software Foundation Europe:

La Free Software Foundation Europe (FSFE) è una organizzazione non governativa senza fini di lucro che si dedica a tutti gli aspetti del Software Libero in Europa. L’accesso al software determina chi può far parte di una società digitale. Quindi la libertà di usare, copiare, modificare e redistribuire software, come descritto nella definizione di Software Libero, permette parità di partecipazione nell’era dell’informazione. Portare all’attenzione del pubblico questi temi, dare solide basi politiche e legali al Software Libero e assicurare libertà alle persone supportando lo sviluppo di Software Libero, sono temi centrali per la FSFE, che è stata fondata nel 2001 come organizzazione sorella della Free Software Foundation statunitense.

Contatti:

Stefano Maffulli
Cel: +39 347 14 93 733

Per maggiori informazioni:

http://fsfeurope.org/
press [at] italy.fsfeurope.org



 
 

Farmaci generici e brevetti

Posted by ivanat on April 02, 2005
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Il Brasile (assieme all’ India) è uno dei paesi più all’avanguardia nella produzione di farmaci generici (*) di tutti tipi, principalmente per l’Aids.
C’è una guerra all’ interno dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), con le sue TRIPS [0], che non accetta la legge brasiliana sulla proprietà industriale. L’articolo 68 della Costituzione brasiliana dice: i prodotti diventano esenti da brevetti in casi comprovati di “abusi economici e di potere” da parte dell’azienda proprietaria, in special modo se l’oggetto dei brevetti non è commercializzato nel territorio brasiliano.

D’altro lato, il Brasile rispetta la Dichiarazione di Doha (2000) [1], la quale afferma che la salute deve prevalere su qualsiasi interesse economico. Così, nel 2001, hanno cominciato a distribuire i farmaci generici contro l’Aids ad altri paesi sottosviluppati (questo aiuto è stato calcolato corrisponda ad un milione di dollari nel 2003) e ha anche creato una rete di solidarietà internazionale tra i Paesi del Terzo Mondo per lo scambio di tecnologia nella produzione dei farmaci.
Potete immaginare come questo infastidisca gli Stati Uniti e le grandi aziende farmaceutiche?

Ma il 23 marzo 2005 abbiamo ricevuto questa triste notizia, che può cambiare tutti i programmi internazionali e compromettere la situazione in Brasile:

  ( fonti: [2], [3] ):
Il Parlamento indiano ha definitivamente approvato la legge che ostacola la produzione di farmaci “low-cost”. Per MSF [4] è un gravissimo passo indietro nella lotta all’ Aids e alle altre malattie nei Paesi più poveri. (…)

(*) “Il farmaco generico è definito come imitazione di un prodotto originale privo di protezione brevettuale; quest’ultima caratteristica permette la produzione del generico a qualsiasi impresa. In linea teorica, il generico viene messo in commercio senza un marchio
commerciale definito, ma sotto la cosiddetta Denominazione Comune Internazionale (DCI).”

Riferimenti:
[0] http://www.wto.org/english/thewto_e/whatis_e/tif_e/agrm7_e.htm
[1] http://www.msf.it/cosafacciamo/accesso/doha.shtml
[2] http://www.msf.it/msfinforma/comunicati_stampa/23032005.shtml
[3] http://www.msf.org.br/noticia/msfNoticiasMostrar.asp?id=442
[4] MSF = Medici Senza Frontiere



 
 

[FSFE] Il programma Fellowship della FSFE per difendere la libertà nell’era digitale

Posted by Marco Frattola on March 30, 2005
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Riportiamo il Comunicato Stampa ufficiale della FSFE: http://mail.fsfeurope.org/pipermail/press-release-it/2005q1/000087.html

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FSF Europe – Chapter Italy Press Agency press at italy.fsfeurope.org
Tue Mar 29 11:42:10 CEST 2005

Il programma Fellowship della FSFE per difendere la libertà nell’era
digitale.

“Ci impegniamo a proteggere la nostra libertà di partecipare e dare
forma a una società digitale che rispetti la libertà e la privacy”. Con
questo slogan, la Free Software Foundation Europe (FSFE) lancia in
Italia il suo nuovo programma di partecipazione alle sue attività.

L’opposizione ai brevetti software ha dimostrato che è possibile
cambiare le cose, ma ha dimostrato anche che occorre fare di più. Mentre
ci stiamo difendendo dai brevetti software, e continuiamo a farlo, ci
sono altre minacce, vecchie e nuove, che possono essere affrontate
meglio da una comunità più coesa e numerosa.

Le spinte protezionistiche di coloro che mirano a rinforzare i propri
monopoli stanno esercitando la propria influenza a vari livelli,
utilizzando la tecnologia, la legislazione e il denaro
“, afferma Stefano
Maffulli
, rappresentante italiano della FSFE; e conclude: “Se occorre
preservare la nostra libertà, abbiamo bisogno di più spalle per
sostenere il lavoro e di più persone per far sentire la nostra voce
“.

Per partecipare al programma Fellowship della FSFE basta versare un
contributo di 120 euro all’anno (60 euro per studenti e inoccupati).
Tutti i “Fellow” avranno a disposizione uno spazio sul portale fsfe.org,
un sito su cui incontrarsi, comunicare e cooperare. Ogni Fellow potrà
scrivere un blog, condividere le proprie esperienze nei forum e tenersi
informato con le ultime notizie. In questo modo è possibile collegare
iniziative e persone per rimanere uniti e fare sentire collettivamente
la nostra voce. Inoltre, tutti i Fellow avranno un alias email
@fsfe.org, un segno visibile del loro sostegno alla Free Software
Foundation Europe.

I Fellow riceveranno anche uno strumento pratico per rafforzare la
propria privacy e la propria sicurezza: una smart card personalizzata
compatibile con OpenPGP, realizzata da Werner Koch, autore di GnuPG e
direttore amministrativo della FSFE. Con questa smart card, i Fellow
potranno comunicare in modo sicuro e privato, utilizzando firma digitale
e cifratura, ma anche proteggere i propri login e i propri dati su
disco.

Questa smart card è un dispositivo allo stato dell’arte, per molti tipi
di applicazioni, come ad esempio cifrare la propria posta. Con la card,
mettiamo tutti i Fellow direttamente nella condizione di poter
proteggere i propri dati e la propria privacy. Vogliamo dare a tutti
questa possibilità, aumentando al contempo la consapevolezza sulle
questioni della privacy e della sicurezza
“, spiega Werner Koch.

In passato abbiamo lavorato ai limiti delle nostre possibilità,
talvolta anche oltre. Ci siamo resi conto che possiamo fare grandi
progressi, ma ci siamo anche accorti che la battaglia è appena iniziata.
Difendere la nostra libertà collettiva è un compito che dobbiamo
svolgere insieme. Consideratela pure una chiamata alle armi.
” conclude Georg Greve.

È possibile unirsi al programma di Fellowship della FSFE all’indirizzo
http://www.fsfe.org/


Che cos’è la Free Software Foundation Europe:

La Free Software Foundation Europe (FSFE) è una organizzazione non
governativa senza fini di lucro che si dedica a tutti gli aspetti
del Software Libero in Europa. L’accesso al software determina chi può
far parte di una società digitale. Quindi la libertà di usare,
copiare, modificare e redistribuire software, come descritto nella
definizione di Software Libero, permette parità di partecipazione
nell’era dell’informazione. Portare all’attenzione del pubblico questi
temi, dare solide basi politiche e legali al Software Libero e
assicurare libertà alle persone supportando lo sviluppo di Software
Libero, sono temi centrali per la FSFE, che è stata fondata nel
2001 come organizzazione sorella della Free Software Foundation
statunitense.

Contatti:

Stefano Maffulli <maffulli at fsfeurope.org>
Cel: +39 347 14 93 733

Per maggiori informazioni:
http://fsfeurope.org/
press [at] italy.fsfeurope.org

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Ci piace ricordare la “chiamata alle armi” fatta da Greve e invitarvi a visitare il sito della Fellowship di FSFE: http://www.fsfe.org


 
 

Codice Libero? L’ altra faccia del Software – prima parte.

Posted by Valerio Ravaglia on March 25, 2005
AttivAzione, software libero / Comments Off

Il termine “software” è oggi universalmente utilizzato per indicare la componente immateriale che governa moltitudini di apparecchiature elettroniche, che vanno dai più semplici apparati di comunicazione quali telefoni e fax, agli elettrodomestici, per arrivare a quelli che rappresentano i principali responsabili, di ciò che comunemente viene indicata come la più grande rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni: i “personal computer”, principali protagonisti della diffusione di massa delle tecnologie digitali.

Ma quale è il reale significato di tale parola e come mai interi Governi nazionali, Istituzioni pubbliche, aziende private e semplici cittadini, pongono tanta attenzione su questo argomento che a prima vista sembrerebbe una semplice questione di circuiti ed apparati elettronici? Ed ancora, come è possibile che a tale tecnologia venga associato o meno il concetto di libertà?

Per cercare di dare una risposta a tali quesiti, dobbiamo fare un passo indietro nel tempo e raccontarvi di una storia fatta di linguaggi e difficoltose comunicazioni tra uomo e macchina. Una storia nella quale l’umanità sembra apparentemente uscirne vincente, ma che in realtà si dimostra piena di insidie e allo stesso tempo presenta grandi opportunità di sviluppo sociale, che naturalmente una società civile ha l’obbligo di cercare di non farsi sfuggire.

Il linguaggio umano è caratterizzato dalla moltitudine di concetti e di simboli che li rappresentano; ma ad un certo punto della storia alcuni filosofi, matematici e teorici, compresero che l’universo di queste comunicazioni poteva essere riassunto in sole due informazioni, che dal punto di vista teorico potremmo chiamare: l’esistenza e la non esistenza di qualcosa.

Per fare un esempio pratico di comunicazione con queste due semplici informazioni, pensate ad un intesa (in termine tecnico chiamata “protocollo”) tra voi ed un vostro conoscente, per la quale stabilite che se avete una luce accesa comunicate che siete in casa, mentre se la luce è spenta significa che siete altrove. Allo stesso modo il “protocollo” potrebbe complicarsi e coinvolgere due luci, stabilendo per esempio che se una luce è accesa e l’altra spenta, il messaggio è che siete in casa, mentre se entrambe sono accese significherà che siete in casa ma che siete occupati; entrambe le lampade spente potrebbero comunicare che non siete in casa.

Con questa logica e con due semplici informazioni di base (acceso/spento) una volta stabilito il protocollo, sarete in grado di comunicare molte informazioni, tante quante sono le combinazioni dello stato di acceso/spento del numero di lampade che il vostro “protocollo” prevede (a voi il compito di immaginare quale tipo di informazione potrebbe aggiungere una terza lampada, es: sono in casa, sono occupato perchè stò mangiando, oppure perchè sono al telefono etc.)

Nel corso della storia e con l’evoluzione tecnologica, fu naturale poi per qualcuno individuare il fatto che questa logica potesse essere facilmente applicata ai congegni elettronici, per loro natura in grado di recepire solo due due tipi di informazioni: presenza o assenza di energia elettrica. Sostanzialmente, un certo numero di lampade che con la loro combinazione di stato acceso/spento, comunichino informazioni.

L’ elettronica ha l’enorme vantaggio di essere estremamente veloce e di occupare pochissimo spazio; pensate a migliaia di microlampade in grado di accendersi o spegnersi in una frazione di secondo e in questo modo trasportare milioni di informazioni ad una velocità incredibile. Una forma qualsiasi di comunicazione elettronica, per queste ragioni, è destinata a sopravanzare qualsiasi altro mezzo di comunicazione e così è stato.

Tuttavia ci si rese subito conto che il dialogo tra uomo e macchina elettronica sarebbe stata cosa complessa; il primo in grado di comunicare un’ infinità di concetti e in grado di sviluppare altrettanti simboli per rappresentarli, sull’altro versante macchine in grado di recepire solo due stati fisici: presenza o assenza di energia, che per convenzione e per utilità, furono rappresentati dai numeri 0 e 1.

Due mondi distanti e due linguaggi completamente diversi. Per comunicare, fornire informazioni, istruire macchine dal linguaggio così limitato, era necessario gettare un ponte tra i due mondi, creare il traduttore universale capace di trasformare il pensiero umano in informazioni per la macchina. In pratica si rese necessario creare una sorta di sottoinsieme del linguaggio umano, una specie di dialetto, trasformabile dal traduttore in un qualcosa di comprensibile ed eseguibile dalla macchina cioè, un insieme di istruzioni fatte di zero e di uno.

Fu così che questa comunicazione uomo/macchina cominciò a strutturarsi a livelli in ognuno dei quali l’essere umano e la macchina ricoprono ruoli e funzioni ben precise, dai confini spesso invalicabili.

I programmatori sono le persone che conoscono la logica dei computer, le operazioni che sono in grado di compiere e i dialetti utilizzabili per fornire la serie di istruzioni comprensibile ed eseguibile dal calcolatore, vale a dire il programma.

Il primo stadio del software è quindi quello scritto dai programmatori nel linguaggio di programmazione prescelto. A questo livello il software prende il nome di codice sorgente, in tale forma il programma risulta comprensibile, studiabile e modificabile dai programmatori, ma non è eseguibile sui computer. Per ottenere un programma in grado di fare eseguire ai calcolatori qualche tipo di operazione, è necessario tradurre il codice sorgente nel corrispondente codice eseguibile, che viene anche denominato codice binario.

L’ operazione di conversione da codice sorgente a codice binario viene effettuata da un particolare programma appositamente creato e che prende il nome di compilatore. Esistono specifici compilatori per ogni linguaggio di programmazione.

Solo dopo la fase di compilazione il software prende la forma di programma eseguibile; l’aspetto negativo è che in questa fase del suo ciclo di vita, il programma risulta comprensibile ai computer ma non lo è più per i programmatori i quali, per capire o modificare il programma, devono fare sempre riferimento al corrispondente codice sorgente. Inutile dire che se per qualsiasi motivo il codice sorgente dovesse andare perso, il programmatore non sarebbe più in grado di modificare il programma, di controllarne il funzionamento e di correggerne i potenziali errori.

Facciamo un esempio pratico. Quello che segue è il codice sorgente di un banale programma di esempio scritto nel linguaggio di programmazione denominato “C”:

          #include 
          main()
         {
              printf ("Hello World"n);
          }

Il banale scopo del programma di esempio, è quello di fare apparire sul monitor la scritta “Hello World”. Dopo la fase di compilazione lo stesso programma, in forma di codice eseguibile, apparirà al programmatore più o meno nel seguente modo:


éÐÿÿÿ1í^‰áƒäðPTRhðƒ##hƒ##QVhlƒ##è¿ÿÿÿô��U‰
åSètë#ƒÀ#£””##ÿÒ¡””##‹#…ÒuëÆ#Œ•###ÉÉöU‰
åQQ‹#p•#ƒÀ#ƒÀ#Áè#Áà#)ăìhx„##è#ÿÿÿƒÄ#ÉÃ������U‰
åWVSƒìè¾þÿÿ�ƒ#ÿÿÿ�“#ÿÿÿ‰Eð)Ð1öÁø#9Æs#‰×ÿ#²‹Mð)
GCC: (GNU) 3.4.1 ÿÿÿÿ˜”##

Si tratta del codice binario del programma. Come vedete, qualcosa di assolutamente incomprensibile anche per i programmatori.

Ora, se ci venisse in mente di effettuare una versione Brasiliana del programma di esempio, dovremmo procedere alla sostituzione nel codice sorgente, della stringa “Hello World” con la corrispondente in portoghese “Oi Mundo” ed effettuare di nuovo la fase di compilazione. Se per qualche motivo non avessimo accesso al codice sorgente, l’operazione non sarebbe possibile. In pratica non avremmo la libertà di tradurre o di modificare il programma come vorremmo.

Chiunque fosse in possesso della versione binaria potrebbe eseguire il programma e fare apparire la scritta “Hello World” sullo schermo, ma solo chi fosse in possesso del relativo codice sorgente potrebbe modificarlo, per esempio, per tradurlo in altra lingua, oppure per estenderne le funzionalità.

Il software è sempre più coinvolto in moltissimi aspetti della nostra vita quotidiana. I computer vengono usati per elaborare i conti e le transazioni bancarie, gestiscono le amministrazioni pubbliche, i voli aerei, le strutture sanitarie. Il software controlla il modo in cui comunichiamo, lavoriamo e studiamo; è difficile individuare un qualsiasi settore della società moderna, nel quale le tecnologie digitali non vengano in qualche modo utilizzate.

Tutto ciò è sotto il controllo di codici che, nel momento in cui si riesca in qualche modo a legittimarne o giustificarne la mancanza di accessibilità al corrispondente codice sorgente, possono risultare incomprensibili e segreti.

Questo tipo di evoluzione nella gestione dei programmi per elaboratori, è esattamente quella a cui si è assistito con l’avvento del Software Proprietario. Una modalità di sviluppo del software proposto principalmente dalle Software House, cioè da aziende (sopratutto Multinazionali) che grazie all’applicazione di rigide leggi sul copyright e tramite brevetti, impostano il loro business sulla realizzazione e commercializzazione di software in formato binario, quindi eseguibile dai calcolatori ma senza il relativo codice sorgente. Il risultato è quello che viene comunemente chiamato pacchetto software, che viene commercializzato alla stregua di un qualsiasi prodotto materiale ma il cui uso, è spesso vincolato e limitato da severe licenze di utilizzo. Inutile dire che essendo tali pacchetti non corredati dal corrispondente codice sorgente, non solo ogni modifica o adattamento di tali programmi acquistati risulta impossibile, ma anche la semplice conoscenza di ciò che è scritto nel codice e il controllo delle operazioni che il computer esegue, risulta complicato se non addirittura impossibile. A questo punto l’accostamento tra le parole “software” e “libertà di utilizzo” cominciano ad avere un senso.

Naturalmente la maggior parte degli utilizzatori di computer e di altri congegni elettronici, trova del tutto naturale avere a che a fare solo con la parte eseguibile del software e normalmente poche persone si preoccupano della disponibilità o meno del codice sorgente, dopotutto chi non è programmatore non saprebbe nemmeno che farsene; ma probabilmente, dopo questo nostro breve viaggio nel tempo tra codici e linguaggi, qualcuno avrà intuito l’importanza della posta in gioco e forse si starà domandando per la prima volta se una tecnologia di tale importanza, possa essere chiusa e tenuta al segreto nelle mani di chi ne controlla il codice sorgente; se questo tipo di business che basa la sua giustificazione filosofica ed etica sulla difesa della “proprietà intellettuale”, non possa risultare pericoloso e dannoso nei confronti della libera circolazione della conoscenza, del progresso tecnologico, delle opportunità di sviluppo e crescita sociale per l’umanità intera.

La distribuzione e la commercializzazione di software a sorgente chiuso è ormai divenuta una consuetudine e in molte realtà è adirittura concepita come l’unica metodologia di sviluppo dei programmi possibile, ma la storia della tecnologia digitale non è iniziata in questo modo e quello a cui assistiamo oggi assomiglia all’espressione di una logica di mercato distorta, dove la filosofia del massimo profitto con il minimo sforzo, si sostituisce alle esigenze di progresso tecnologico, culturale e sviluppo sociale, che una moderna società democratica e civile dovrebbe perseguire.

Il nostro viaggio tra le foreste simboliche dei linguaggi e dei codici, continuerà nella seconda parte di questo articolo, dove cercheremo di parlarvi di una storia parallela e strettamente legata a quella degli zero e degli uno macinati dai microprocessori. Una storia affascinante iniziata e portata avanti da persone esperte, abili giocolieri dei codici, che dal buio delle loro stanze illuminate solo dalla debole luce dei display, hanno saputo mostrare al mondo intero l’aspetto più umano della tecnologia. Richiedendo a gran voce la libera circolazione del pensiero, dell’ informazione e la condivisione della conoscenza, hanno trascinato con se migliaia di collaboratori, creato una comunità internazionale, risvegliato l’interesse e le coscienze di programmatori, tecnici, politici, sociologi e di decine di Governi e di pubbliche amministrazioni di tutto il mondo: il movimento del Software Libero.



 
 

Software libero contro il “digital divide”

Posted by Valerio Ravaglia on March 24, 2005
AttivAzione, software libero / Comments Off

Commento ad un articolo apparso sul supplemento di The Economist Technology Quarterly.

La diatriba “Linux” vs windows francamente è di quanto più noioso e stupido si possa assistere; non solo perchè non si capisce il motivo per il quale dovremmo continuamente confrontarci con il sistema operativo proprietario e chiuso di casa Redmond e dimostrare di essere tecnologicamente superiori, ma anche perchè costituisce una inutile perdita di tempo e risorse che potrebbero essere impiegate decisamente in modo migliore.
Ecco finalmente un articolo che mette in luce delle qualità diverse del software libero che raramente vengono prese in considerazione e spiegate.

Il modello di sviluppo aperto caratteristico del software libero, propone diversi evidenti vantaggi che vanno dalla riduzione dei costi alla trasparenza e sicurezza del codice, per arrivare alla maggiore indipendenza rispetto ai fornitori di tecnologia, ma questi non sono gli unici aspetti positivi dei quali il software libero può vantarsi.

Il codice aperto infatti, in quanto completamente fruibile, modificabile e ridistribuibile, può essere anche tradotto e “localizzato” da chiunque ne abbia la necessità. Ed ecco che gli “Eroi locali” dell’ opensource rendono accessibile KDE e Gnome in almeno il doppio dei linguaggi disponibili per windows.

KDE è già disponibile in 42 diverse lingue ed altre 46 sono in fase di sviluppo, allo stesso modo Mozilla parla 65 lingue ed altre 34 stanno per arrivare e OpenOffice è disponibile in 31 idiomi compreso Slovenian, Basque, Galician, e lacuni linguaggi Indiani come Gujarati, Devanagari, Kannada and Malayalam. Altri 44 linguaggi compariranno a breve compreso: Icelandic, Lao, Latvian, Welsh e Yiddish.

Potenza della comunità hacker, potenza della libertà nella tecnologia e nella conoscenza.

Sull’ altro versante windows 2000 viene proposto in 24 lingue e windows XP in 33, mentre l’ ultima versione di office è disponibile in sole 20 lingue. Il motivo di tale differenza di lingue disponibili confronto al software libero è evidente e non necessita di spiegazioni: cosa importa alla multinazionale americana di rendere disponibile, per esempio, la propria tecnologia in Zulu, Xhosa, Venda, Sesotho ed altri linguaggi africani, quando è più alto il costo per tale lavoro che gli introiti che ne deriverebbero?

Il software libero rappresenta oggi una incredibile risorsa per queste popolazioni, che la logica del puro profitto vorrebbe vedere escluse.

Per una volta nella storia, un piccolo grande dono di riparazione dal mondo occidentale; dopo esserci tanto macchiati di imperdonabili misfatti non facciamoci sfuggire l’ occasione di contribuire a dare un volto più umano a questo mondo.



 
 

FSFE aiuterà Microsoft a rimettersi in piedi

Posted by Marco Frattola on March 24, 2005
fsf / fsfe, software libero / Comments Off

“Pensiamo che sia durata abbastanza” dice l’Avvocato Carlo Piana, che
rappresenta la Free Software Foundation Europe (FSFE) davanti alla Corte
Europea. “Aspettare che Microsoft proponga soluzioni per ristabilire la
concorrenza sembra una totale perdita di tempo. Perciò abbiamo
cominciato a lavorare sulle condizioni che realizzino ciò che la
Commissione Europea ha cercato di ottenere con la sua decisione,
sostenuta dalla Corte Europea.”

“Il Team Samba ha oltre 12 anni di esperienza di lavoro
sull’interoperabilità col software Microsoft. Abbiamo lavorato per molti
anni nell’area del software per Workgroup server,” spiega Jeremy Allison
del Team Samba. “Sappiamo esattamente quali informazioni sono necessarie
per ripristinare almeno la possibilità di una concorrenza. Così
metteremo quell’esperienza a disposizione della Commissione Europea.”

“Microsoft s’è comportata come certi bambini riottosi che si buttano per
terra e devono essere trascinati per tutta la strada,” afferma Georg
Greve, presidente della FSFE. “Dal momento che Microsoft sembra non aver
voglia di alzarsi e camminare, aiuteremo la Commissione a rimetterla in
piedi e a farla procedere verso il ristabilimento della concorrenza. Se
continuano a puntare i piedi, la Commissione dovrebbe mettere termine
a quest’indegno spettacolo e multare una volta per tutte Microsoft di un
5% sul giro d’affari giornaliero netto del mercato di riferimento per
ogni giorno in cui non saranno in regola.”

Il caso antitrust nell’Unione Europea va avanti da anni. Per tutto il
tempo, Microsoft ha tergiversato, cercando di bloccare e rallentare
l’indagine della Commissione Europea e il ripristino della concorrenza a
ogni occasione.

E addirittura, a fronte di una multa dalla Commissione che ha battuto
tutti i record, Microsoft ha speso svariate volte quella cifra per
sollecitare i sostenitori della Commissione Europea a non partecipare
alla causa di appello presso la Corte Europea, promossa per evitare di
dare ai concorrenti le informazioni necessarie per ottenere
l’interoperabilità.

La Corte Europea non si è fatta ingannare da queste tattiche ed ha
ordinato a Microsoft di adeguarsi immediatamente alle condizioni della
Commissione Europea. In risposta a questo, Microsoft ha offerto un
accordo di licenza progettato per creare ulteriori ostacoli alla
concorrenza.

La Commissione Europea ha ora riconosciuto in modo ufficiale questo
fatto, chiedendo ancora a Microsoft di consentire la concorrenza, dopo
aver mostrato negli anni passati un’incredibile pazienza con Microsoft,
un fatto del quale il gigante del software ha fin troppo abusato.

Adesso è tempo che la Commissione chieda attivamente a Microsoft di
adottare soluzioni e condizioni che possano davvero ripristinare la
concorrenza. La mancata adozione di tali soluzioni e ulteriori ritardi
costituirebbero un danno per l’intera area economica europea.

La Commissione Europea dovrebbe fissare un termine definitivo perché
Microsoft si adegui a quanto stabilito e alla decisione della Corte
Europea. Se Microsoft continuerà a perdere tempo, la Commissione
dovrebbe imporre la massima sanzione possibile di un 5% del giro
d’affari netto sul mercato di riferimento per ogni giorno di ritardata
applicazione.

“Microsoft abusa della pazienza dell’Europa da anni, ormai” conclude
Georg Greve. “Dovrebbero mettersi in regola o compensare il danno che
hanno causato. Dato il loro comportamento durante gli anni passati e i
loro portafogli eccezionalmente gonfi, ai quali l’Europa ha contribuito
non poco, il 5% sembra effettivamente adeguato.”


Che cos’è la Free Software Foundation Europe:

La Free Software Foundation Europe (FSF Europe) è una organizzazione
non governativa senza fini di lucro che si dedica a tutti gli aspetti
del Software Libero in Europa. L’accesso al software determina chi
può far parte di una società digitale. Quindi la libertà di usare,
copiare, modificare e redistribuire software, come descritto nella
definizione di Software Libero, permette parità di partecipazione
nell’era dell’informazione. Portare all’attenzione del pubblico
questi temi, dare solide basi politiche e legali al Software Libero e
assicurare libertà alle persone supportando lo sviluppo di Software
Libero, sono temi centrali per la FSF Europe, che è stata fondata nel
2001 come organizzazione sorella della Free Software Foundation
statunitense.

Per maggiori informazioni: http://fsfeurope.org/



 
 

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