Archive for July, 2005

Alla faccia del libero mercato

Posted by Marco Frattola on July 31, 2005
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La situazione che si può osservare in Italia registra delle aggravanti rispetto al panorama globale, in merito alla mancanza di libertà e di reale competizione in un mercato che è libero solo in teoria.

Se da un lato la globalizzazione del mercato apre nuovi e spesso positivi spiragli di competizione e occupazione, dall’altro la necessità di maggiori capitali e risorse per mantenere tale la competitività, diventano spropositati per le PMI (piccole medie imprese).

Questi concetti, straripetuti e ormai banali, introducono però alle degenerazioni del sistema: laddove le PMI (soprattutto nel tessuto economico europeo) possono costituire (e quasi sempre riescono egregiamente) la punta di diamante di alcuni settori – là dove contino spirito d’innovazione, capacità di ricerca, piuttosto che la cura del dettaglio o ancora la conoscenza di determinati processi derivati direttamente da antiche tradizioni o peculiarità culturali di un popolo o di una regione – si registrano i tentativi di annientamento (della competizione) più illiberali e feroci.

Le grandi corporation non hanno tanto interesse nel fare la guerra a un pugno di piccole aziende prese singolarmente, agiscono piuttosto per affermare il proprio modello di sviluppo, marketing e distribuzione; tuttavia, se la grossa organizzazione non è sufficiente a far morire di asfissìa i competitori di piccolo taglio, allora cercano di l’intervento di carattere lobbyistico, per ottenere da governi(/legislatori) degli strumenti giuridico-legali che garantiscano loro il potere di rendere impossibile ai pesci piccoli il proseguimento delle loro attività (potrebbe essere paragonato a un avvelenamento cronico, per un intero strato del tessuto economico).

L’esempio della direttiva sui brevetti software, recentemente bocciata al Parlamento Europeo, calza a pennello: se il brevetto software fosse diventato legale, le PMI si sarebbero trovate tutte improvvisamente con un cappio intorno al collo (e a tirare la corda, i signori della BSA), condannate a camminare in un campo disseminato di oltre 30000 mine pronte a farle saltare in aria.

Ma come affermavo all’inizio, al panorama globale già preoccupante di per sé, si aggiungono i paradossi italiani, che a molti stranieri (specialmente di estrazione anglosassone) suonano come barzellette inventate di sana pianta (un po’ come se avessimo un leader politico che è anche proprietario dei più grandi gruppi editoriali di un Paese, non può essere reale, no?!? …)

Parto da un caso tra i più eclatanti: le telecomunicazioni.

Lo sviluppo di servizi basati su Internet (e non mi riferisco solo alla navigazione del WWW) avrebbe avuto maggiori benefici se in Italia non si fosse assistito (piuttosto passivamente) alla creazione di monopolista privato che – beffa nella beffa – non solo ereditò da un monopolio statale le infrastrutture (per intenderci, i doppini e le centrali di tutta Italia), ma acquisì anche il monopolio di fatto del servizio di telefonia fissa (situazione che sta mutando solo in questi ultimi anni).
In un Paese “normale”, si sarebbe probabilmente fatta una gara per l’acquisizione delle infrastrutture (e relativa manutenzione), e un’altra gara per affidare le concessioni dei servizi di telefonìa, un po’ come è stato fatto con il bando per l’UMTS.

Invece no: il “mago” Colaninno, prima perfeziona l’acquisizione di Olivetti da parte di Pirelli poi – ed era l’epoca del Governo Prodi – riesce a comprare Telecom Italia, regalando al gruppo di Tronchetti-Provera, della telefonia il monopolio di infrastrutture e servizi.
Questo scempio ha trasformato un monopolista statale (che, nella sua ottica, poteva anche avere un senso) in un monopolista privato, uccidendo il mercato TLC italiano per diversi anni e consegnandoci un penoso digital divide; d’altronde, Telecom Italia, non ha ancor oggi, interesse a portare ADSL e rinnovare le proprie centrali in zone in cui non vi sia una reale competizione (presente e imminente) di altri operatori, magari disposti a investire di tasca propria per conquistare nuove zone.
Siamo passati da un servizio che doveva essere garantito dallo stato (ma lo era?) ad una pletora di operatori che spesso non riescono a fornire un servizio a causa di un gestore delle infrastrutture che è allo stesso tempo loro concorrente… Assurdo!

Il quadro del “regalino” fatto alla Olivetti-Pirelli è presto completo, se si mettono nel conto:

  • qualunque operatore (a parte Fastweb ove abbia portato la fibra) offra un servizio, deve comunque fare i conti con i lavori e i tempi di Telecom
  • qualunque contratto (a parte Fastweb ove abbia portato la fibra) di un qualsivoglia operatore, non sottrae l’utente di telefonia fissa dal pagare il canone Telecom (che gli fornisce il doppino)

C’è chi, come Cortiana, insieme ad altri Verdi, ha proposto di tornare a nazionalizzare la Telecom, o almeno il gestore delle infrastrutture; io penso che ormai il guaio è fatto (la “privatizzazione-papocchio”) e che ci potrebbero essere alcuni modi (non alternativi, ma concorrenti) per rimediare:

  1. separare inequivocabilmente la società che gestisce le infrastrutture, intese come centrali, cavi, manutenzione e monitoraggio delle attività degli operatori (sottoposta direttamente a un organo di vigilanza dello Stato, come il Garante per le Telecomunicazioni)
  2. vendere (con modalità chiare e pulite) la parte di Telecom che si occupa dei servizi di telefonia (che ora, alla faccia dell’antitrust, accorperà la TIM che si occupa di telefonia mobile…)
  3. far pagare (in denaro, certo) a chi è colpevole e/o silenzioso complice di questa situazione, anche perché i nomi ci sarebbero già e i primi sono già citati in questo articolo

Certamente è pura utopia sperare di vedere tutti e tre questi punti soddisfatti, e dall’uno al tre il valore è inversamente proporzionale alla possibilità che succeda.

Ho parlato delle TLC perché lo trovo un caso a me vicino, ma di altri esempi simili in altri settori del mercato (non)libero italiano ce ne saranno… vi invito a parlarne nell’Area Discussioni.

In linea di massima, un po’ tutte le privatizzazioni a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni (Società Autostrade, Enel, Trenitalia, ecc…), non hanno certo lasciato una situazione di concorrenza e apertura del mercato, anzi; ma ognuno dei casi citati merita un capitolo a parte.

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liberismo
s. m. liberalismo economico; in partic., corrente di pensiero economico favorevole al libero scambio e ostile a ogni forma di protezionismo nel commercio internazionale.

neoliberìsmo
s.m.
TS econ., indirizzo del pensiero economico novecentesco che, in polemica sia con l’azione dei gruppi monopolistici sia con il dirigismo economico, postula l’esigenza di un corretto funzionamento della libera concorrenza e dell’economia di mercato, anche come salvaguardia delle libertà politiche e civili e dei diritti individuali

Oggi come oggi, né col liberismo né col neoliberismo, ci possiamo mettere a inquadrare la tendenza instaurata dai “poteri forti”, attraverso per esempio il WTO.

Se da un lato molte organizzazioni tendono ad estremizzare (leggi: “Wsf: appello finale e agenda dei movimenti sociali“) in maniera eccessivamente – dal mio punto di vista – ideologica (l’uso dell’espressione “dominio neoliberista” rasenta il demagogico, secondo me) la giusta e sentita esigenza di riportare l’uomo al centro del cosiddetto “mercato”, sono anche convinto che gran parte di questi movimenti costituiscano la forza di una consapevolezza collettiva che non deve mai mancare e che anzi deve tornare a farsi sentire, per non dimenticarci che non siamo dei semplici “consumatori” ma qualcosa di più…

Spazio Discussioni

Posted by Marco Frattola on July 25, 2005
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Su AttivAzione.org abbiamo aperto un nuovo spazio, riservato alle discussioni che possono nascere in merito agli argomenti trattati nel portale.

Le tematiche rimangono le stesse della sezione Articoli, ma diversa è la modalità di fruizione, che ha come intento principale incentivare la partecipazione e il confronto su tutte quelle tematiche politiche, filosofiche e sociali che partono dal Software Libero per arrivare ad un’ipotesi sostenibile del progresso e dello sviluppo.

L’area Discussioni è basata su un semplice motore di forum; la registrazione è obbligatoria per poter partecipare alle discussioni, mentre ovviamente la lettura dei topic è aperta a tutti.

Buone discussioni.

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La direttiva sui brevetti sw è stata respinta

Posted by Marco Frattola on July 06, 2005
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La direttiva COD/2002/0047, dopo tre anni di iter parlamentare, è stata respinta con 648 voti su 680. [...]

La cosiddetta “posizione comune”, voluta subdolamente da una parte del Consiglio Europeo, è stata rigettata nella votazione tenutasi alle 12:30 circa di oggi; le motivazioni possono essere state molteplici, anche se già da ieri si fiutava l’odore di un accordo trasversale in tal senso – a partire dal PPE, attraversando PSE e ALDE – attorno al quale si raccoglievano sempre più consensi.

Da un lato ci sono i lobbyisti di EICTA che accolgono con favore questa soluzione, di fronte allo spauracchio del blocco degli emendamenti Buzek-Rocard-Duff i quali avrebbero probabilmente rastrellato un numero sufficiente di voti per essere approvati.

Dall’altro c’è un Parlamento che, con un commento tanto onesto quanto duro di Rocard (e sulla stessa linea quello della ns. europarlamentare Monica Frassoni), vuole far riflettere tutti sul comportamento ignobile e assai poco democratico che Consiglio e Commissione Europea hanno tenuto durante l’iter procedurale, facendosi beffa delle decisioni del Parlamento della prima lettura.

A metà ci sono le organizzazioni, quelle che si battono per delle libere infrastrutture di accesso all’informazione e quelle che si battono per il software libero; queste devono sicuramente registrare positivamente questa giornata sul calendario, accompagnandola però più con un sospiro di sollievo che con una bottiglia di spumante alzata ad una vittoria.
Nonostante la Commissione, attraverso il portavoce McCreevy, abbia dichiarato di non aver intenzione di ripresentare un’altra direttiva in materia, dubito che all’EICTA stiano con le mani in mano di fronte a questa situazione.

Dal punto di vista giuridico-legale dunque, i brevetti software rimangono, in un’aula di tribunale, carta straccia, dal momento che in materia vige ancora la Convenzione Europea di Monaco (art. 52 nella fattispecie).

La Free Software Foundation Europe dal canto suo ha però, oggi stesso, colto l’occasione propizia per risollevare un argomento a questo punto spinoso: definire le attuali responsabilità dell’Ufficio Brevetti Europeo (”EPO”) (il quale deve smettere di rilasciare brevetti sul software) e studiare l’istituzione di un supervisore per tale ufficio.

A margine, estraggo dal freddo comunicato dell’EPO:

As with all inventions, CII are only patentable if they have technical character, are new and involve an inventive technical contribution to the prior art. Moreover, the EPO does not grant “software patents”: computer programs claimed as such, algorithms or computer-implemented business methods that make no technical contribution are not considered patentable inventions under the EPC. In this respect, the practice of the EPO differs significantly from that of the United States Patent & Trademark Office.

E’ incredibile con quale faccia tosta affermino di “non aver mai rilasciato brevetti sul software in quanto la EPC non li consideri brevettabili” …

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breve carrellata di articoli apparsi in proposito:

Emendamenti in seconda lettura per la Direttiva CII

Posted by Marco Frattola on July 02, 2005
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FERMA i Brevetti Software

“CII”: Parlamento Europeo al voto (5/6 luglio 2005)

Fra pochi giorni il Parlamento Europeo, in assemblea plenaria a Strasburgo, voterà sulla Direttiva sulla Brevettabilità delle "Invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici" (leggi: brevettabilità del sofware).
Chiediamo ai nostri rappresentanti al Parlamento Europeo di salvare l’Europa dai brevetti software sostenendo gli emendamenti Buzek-Rocard-Duff !!

La Direttiva sui Brevetti Software, come approvata dal Consiglio dei Ministri Europeo, porterebbe il sistema statunitense di brevettabilità del software nell’Unione Europea.

Se questo accadrà, gli sviluppatori software non saranno più padroni
di ciò che scrivono e potranno venir portati in tribunale per aver venduto
o distribuito il loro software.
Questo non solo danneggierà il tuo lavoro, ma l’intero settore del software europeo.

Come puoi aiutare?

Il Parlamento Europeo avrà l’ultima possibilità di evitare tutto questo.
Perché ciò accada 367 membri su 732 dovranno essere presenti e votare per gli emendamenti giusti.